Amore e Psiche
Significato delle prove in chiave psicanalitica
Prove:
- Separare dei semi mescolati in un tempo troppo breve.
- Strappare un ciuffo di lana dorata da un montone feroce.
- Raccogliere un bicchiere d’acqua dallo Stige.
- Portare a Venere dall’Ade un vasetto di bellezza.
Il mito di Amore e Psiche secondo la favola di Apuleio fa riflettere sull’elemento di novità contenuto in essa rispetto al motivo dell’eroe in genere: a differenza di questo, infatti, qui l’inconscio assume più direttamente la valenza positiva di energia soccorritrice, fonte di trasformazione creativa che genera coscienza. Le quattro prove cui viene sottoposta Psiche rappresentano il percorso che essa simbolicamente deve attraversare prima di giungere alla consapevolezza.
La prima prova richiede a Psiche di mettere in atto un principio discriminativo capace di ordinare una quantità di “semi” differenti che si trovano mescolati insieme: “Questo mucchio - osserva Neumann - è in primo luogo simbolo di un’uroborica mescolanza dell’elemento maschile.” Le forze inconscie soccorritrici sono in questo caso le formiche, “simbolo - secondo M.L.Von Franz - dell’ordine segreto dell’inconscio collettivo”, una sorta di “ordine inconscio” che è il solo capace di far fronte al caos disordinato con cui si presenta l’inconscio stesso; il senso al di là del non-senso di cui parlava Jung.
L’atteggiamento di Psiche esprime quindi un affidamento alle forze inconsce e alla loro benefica azione. Nella seconda prova Psiche è chiamata all’incontro con la forza distruttiva solare del maschile, rappresentata dal mitico “vello d’oro” dei montoni.
Qui l’elemento inconscio che soccorre Psiche è la canna parlante ( Il consiglio è di aspettare la sera e di raccogliere i ciuffi di vello rimasti impigliati tra i rovi). Essa simboleggia la voce interiore che invita ad aspettare il momento opportuno (per l’appunto il calar della sera), per incontrarsi col principio spirituale (rappresentato dal Vello d’oro) senza venirne sopraffatta ed annientata.
La calma femminile, la capacità di attendere, dunque, rappresenta una grande risorsa di fronte all’impulsività irrefrenabile, all’istinto che si esprime in maniera violenta. Così descrive Neumann questa seconda prova: “il femminile deve soltanto interrogare il proprio istinto per entrare, al calar del sole, in una relazione feconda con il maschile, ossia in una relazione d’amore. Così viene superata la situazione in cui maschile e femminile si fronteggiano in mortale ostilità.” La terza prova è il confronto di Psiche con l’irruente cascata delle acque dello Stige, simbolo dell’incontenibile forza dell’inconscio stesso e della sua mancanza di forma specifica.
Il compito di raccogliere un bicchiere di quell’acqua riesce grazie all’intervento dell’aquila di Zeus che si assume il compito di raccoglierla per lei.
“L’aquila - secondo M.L.Von Franz - rappresenta l’entusiasmo intuitivo e lo slancio spirituale del pensiero. Proprio quando la psiche umana non può più agire con le sue sole forze, viene sorretta da uno spirito eroico e intuitivo che sgorga dal suo inconscio”.
Psiche rappresenta allora il femminile capace di contenere in sè e di dar forma all’inconscio che in lei stessa fluisce. In tutte e tre queste prove è richiesto a Psiche di coniugare insieme gli opposti, superando la sterile contrapposizione.
La quarta prova, infine, è composta di due parti.
Nella prima parte Psiche deve affrontare il pericoloso viaggio agli inferi, guidata dai consigli di una Torre Parlante, la quale, maschile e femminile insieme, è simbolo della cultura umana e della coscienza umana e per questo viene chiamata “Torre che guarda lontano” . Essa mette in guardia Psiche dal cedere alla “pietà”, quale modalità di relazione con l’altro, che non le consentirebbe di raggiungere la propria comple-tezza.
Nella seconda parte, invece, Psiche, tornata dal mondo degli inferi, cede alla tentazione di appropriarsi della bellezza divina e, pensando così di poter risultare più piacevole agli occhi di Eros, apre il vasetto consegnatole da Proserpina, atto questo che risulta per lei fatale.
Torna il tema iniziale della “bellezza”, capace di avvicinare l’umano al divino.
Tutto il cammino di trasformazione di Psiche è iniziato per Amore, per l’irresistibile desiderio di “conoscere” Amore.
Ora che Psiche ha superato le prove, ha conosciuto e sopportato solitudine e disperazione, ora che ha in mano l’unica arma che conosce per attirare a sè ancora una volta Eros, la bellezza appunto, ( l’azione dell’amore, a quanto dice Platone per bocca di Diotima, “è la procreazione nel bello secondo il corpo e secondo l’anima” ) Psiche non può che tendere alla bellezza, pur consapevole che ciò significa “fallire”, secondo la logica maschile dell’eroe.
E proprio in questo “fallimento” Psiche si manifesta fedele alla sua femminilità originaria in opposizione alla ragione totalmente maschile.
Così Psiche “muore” per Eros, ed è questo suo stesso sacrificarsi a lui che lo stimola ad agire: Eros si scuote ed accorre finalmente a salvare la sua Psiche. L’umano dimostra così al divino la propria uguale dignità attraverso la propria superiorità nell’amore.
Premessa. Come detto, la favola di Amore e Psiche, che si estende emblematicamente dalla fine del IV libro (paragrafo XXVIII) a buona parte del VI (prg. XXIV incl.), ha un’importanza esemplare nell’economia generale del romanzo, svolgendo una funzione non solo esornativa, ma fornendocene invero la corretta chiave di lettura e di decodificazione, fulcro artistico ed etico dell’opera tutta.
Trama
La favola inizia nel più classico dei modi: c’erano una volta, in una città, un re e una regina, che avevano tre figlie. L’ultima, Psiche, è bellissima, tanto da suscitare la gelosia di Venere, la quale prega il dio Amore di ispirare alla fanciulla una passione disonorevole per l’uomo più vile della terra. Tuttavia, lo stesso Amore si invaghisce della ragazza, e la trasporta nel suo palazzo, dov’ella è servita ed onorata come una regina da ancelle invisibili e dove, ogni notte, il dio le procura indimenticabili visite. Ma Psiche deve stare attenta a non vedere il viso del misterioso amante, a rischio di rompere l’incantesimo. Per consolare la sua solitudine, la fanciulla ottiene di far venire nel castello le sue due sorelle; ma queste, invidiose, le suggeriscono che il suo amante è in realtà un serpente mostruoso: allora, Psiche, proprio come Lucio, non resiste alla curiositas, e, armata di pugnale, si avvicina al suo amante per ucciderlo. Ma a lei il dio Amore, che dorme, si rivela nel suo fulgore, coi capelli profumati di ambrosia e le ali rugiadose di luce e il candido collo e le guance di porpora. Dalla faretra del dio, Psiche trae una saetta, dalla quale resta punta, innamorandosi, così, perdutamente, del’Amore stesso. Dalla lucerna di Psiche una stilla d’olio cade sul corpo di Amore, e lo sveglia. L’amante, allora, fugge da Psiche, che ha violato il patto. L’incantesimo, dunque, è rotto, e Psiche, disperata, si mette alla ricerca dell’amato. Deve affrontare l’ira di Venere, che sfoga la sua gelosia imponendole di superare quattro difficilissime prove, l’ultima delle quali comporta la discesa nel regno dei morti e il farsi dare da Persefone un vasetto. Psiche avrebbe dovuto consegnarlo a Venere senza aprirlo, ma la curiosità la perde ancora una volta. La fanciulla viene allora avvolta in un sonno mortale, ma interviene Amore a salvarla; non solo: il dio otterrà per lei da Giove l’immortalità e la farà sua sposa. Dalla loro unione nascerà una figlia, chiamata Voluttà.
La chiave di lettura della favola. La successione degli avvenimenti della novella riprende quella delle vicende del romanzo: prima un’avventura erotica, poi la curiositas punita con la perdita della condizione beata, quindi le peripezie e le sofferenze, che vengono alfine concluse dall’azione salvifica della divinità. La favola, insomma, rappresenterebbe il destino dell’anima, che, per aver commesso il peccato di hybris (tracotanza) tentando di penetrare un mistero che non le era consentito di svelare, deve scontare la sua colpa con umiliazioni ed affanni di ogni genere prima di rendersi degna di ricongiungersi al dio. L’allegoria filosofica è appena accennata (se non altro, nel nome della protagonista, Psiche, simbolo dell’anima umana), ma il significato religioso è evidente soprattutto nell’intervento finale del dio Amore, che, come Iside, prende l’iniziativa di salvare chi è caduto, e lo fa di sua spontanea volontà, non per i meriti della creatura umana.
Novella allegorica: inserisce come disgressione delle avventure di Carite e tlepolemo. Tema della favoladelicato e vicino al misticismo neoplatonico, è svolto ampiamente in una serie di avventure a carattere novellistico
Il racconto allude passo per passo ai misteri di Iside e ai suoi riti.
Psiche vuol dire «anima» e la sorte di Psiche è esemplare per ogni anima umana. L’amante di Psiche è Cupido (Eros); il nome egiziano è Arpocrate, che è figlio di Iside.
Venere-Iside manda sulla terra Cupido per colpire Psiche con una sua freccia, ma si innamora della ragazza: caduta del divino nella materia, da un lato; dall’altro, la prova che la divinità (eros) aiuta l’anima (Psiche) a riprendere la via del ritorno verso la patria ultraterrena (tappe del ritorno =cerimonie di iniziazione al culto di Iside).
un oracolo chiama psiche al matrimonio con Cupido =nozze sante, componente iniziazione. Nozze descritte come un atto di morte. Il dio viene rappresentato da un sacerdote, l’appello all’iniziazione attraverso oracolo o sogno. La persona come era in precedenza muore; iniziazione come matrimonio e morte;
segretezza con i parenti più prossimi (richiesta di cupido) è un obbligo per tutti coloro che entrano nella comunità dei misteri. Le sorelle di psiche simbolizzano i profani.
Psiche viola il giuramento, guarda il suo amato di notte: curiosità peccaminosa è fatale; il dio si separa da lei. Missione di psiche: cercare lo sposo attraverso lunghe peregrinazioni. La visione del dio era una cerimonia dell’iniziazione, questa massima felicità era più di quanto fosse consentito all’essere umano.
Quando psiche è sola si butta nel fiume: bagno di purificazione dai peccati. Ripetizione del mito di Iside: la dea aveva trovato Osiride, il marito morto.
Psiche afferrata per i capelli e flagellata: punizioni corporee per espiazione dei errori commessi nella vita passata e dimostrazione della volontà di servire la dea a costo di sacrifici. Prove dell’iniziato ai misteri, servono per la riunificazione di psiche con cupido: livello più alto dell’iniziazione mistica, diventano sempre più difficili.
Viaggio nell’aldilà x prendere la lana d’oro delle pecore del Sole;
Attingere l’acqua nella fonte dello Stige (dal mito greco, per gli egiziani fonte del Nilo, fiume di Osiride);
Viaggio nel regno dei morti per prendere un cofanetto con l’unguento di Proserpina. I penitenti dell’averno cercano di trattenere psiche. Ocno, l’esitante, che nella vita ha rifiutato l’iniziazione ed è costretto a caricare legna su un asino del quale essa continua a cadere; le zitelle che hanno trascurato l’iniziazione e le nozze sante e sono costrette a tessere in eterno il loro abito da sposa rappresentano i profani e psiche non può soffermarsi da loro; Cerbero, il cane infernale; al quale porge una focaccia sacrificale; davanti a Proserpina(sempre nome di Iside) si stende umilmente nella polvere e implora un pezzo di pane (corpo di Osiride = cena sacramentale). Psiche riceve il cofanetto pecca per curiosità e viene colta da un sonno mortale;
Cupido scende dal cielo e risveglia l’amante. Ammonimento ad astenersi dalla curiosità peccaminosa e rito iniziazione ai misteri con l’apertura del cofanetto. La visione dell’oggetto sacro uccide, ma rende immortali: l’uomo vecchio è morto, quello nuovo può ascendere agli dei.
Cupido porta psiche sull’olimpo si festeggia con un banchetto, come per gli iniziati terreni.
Nei libri IV-VII nell’orrido mondo brigantesco s’inisinua come un lungo ristoro la favola di Amore e Psiche che occupa due libri interi. Nornmalmente certe vecchie leggende o fiabe o novelle hanno un carattere allegorico, ma non è il loro carattere originario, come qui in amore e psiche, l’ingenuo canto della credenza popolare è mescolato con la schernitrice rappresentazione del vecchio mondo divino. Qualunque sia il rivestimento allegorico voluto dall’autore, il nucleo originario di questa fiaba è popolare sin dalle prime parole: erat in quadam civitatem rex et regina. Non è specificato né dove né quando. Sono presenti: re la principessina bella esposta al mostro, il palazzo incantato, le solrelle cattive e punite, lo sposo invisibile e divino; poi le disavventure e le imprese che la primcipessa compie con aiuti miracolosi, e la felicità finale.
Più tardi venne l’adattamento simbolico che nel racconto di apuleio non si può negare
Primo vero esempio esplicito di Fiaba nella tradizione europea