Le donne e il lavoro
Il lavoro delle donne non è un’invenzione del XX secolo, ma in ogni tempo esse hanno portato al mantenimento della propria famiglia, sia nelle campagne sia nelle città; la donna è però sempre stata subordinata all’uomo: fin dall’antichità, infatti, è sempre stata considerata un essere inferiore e si è evoluta in una società sostanzialmente misogina e oppressiva in riguardo alle convenzioni sociali. E’ nel ventesimo secolo che però, con l’industrializzazione del lavoro, essa entra in massa nel mercato: le donne sono però vittime dello sfruttamento, sottomesse all’abuso padronale e ai guadagni ristretti che le permettono a malapena di sopravvivere. Le lavoratrici però a lungo andare iniziarono a prendere parte ai movimenti di rivendicazione, con i primi scioperi per contestare le troppe ore della giornata lavorativa e per rivendicare un minimo salario a settimana. Il movimento operaio iniziò così ad occuparsi delle questioni dei lavoratori in gonnella: le proposte erano una protezione legale per le lavoratrici, giornate lavorative di otto ore e l’istituzione di ispettrici del lavoro.
Così, all’inizio del ‘900, incominciarono a nascere le prime organizzazioni e associazioni di donne che si univano per combattere assieme contro tutte le discriminazioni della società maschilista che da secoli le opprimeva.
Già nel corso della Rivoluzione Francese, le donne avevano assistito quotidianamente alle sedute dell’Assemblea, anche intervenendo attivamente nei dibattiti.: quindi fin dalla fine dell’800, la donna reclamava il diritto di voto, la possibilità di accedere agli uffici pubblici e l’uguaglianza in tutto rispetto agli uomini, anche se, gli stessi rivoluzionari, tendevano ad imbavagliare la protesta femminile.
La lotta più lunga e dura ingaggiata dalle donne è stata quella per ottenere il suffragio femminile: reclamato prima del 1914, quale mezzo per promuovere l’uguaglianza tra tutti gli individui, il diritto di voto dopo la guerra venne rivendicato dalle femministe che ritenevano di aver fornito sufficientemente prova di se stesse. Con l’inizio della guerra le femministe, sospesero le proprie rivendicazioni per compiere il proprio dovere mettendosi alla prova. Queste ultime svolsero un ruolo fondamentale nel mercato del lavoro durante la guerra, occupando posti sia nell’industria sia nelle amministrazioni, perciò non intendevano più essere tenute in disparte nelle decisioni politiche. E’ soprattutto l’apporto delle donne alla produzione bellica che fece prendere il corso alle cose in loro favore: dopo aver sostituito degnamente gli uomini impegnati al fronte, per i governi diventò difficile negare loro la capacità di avere voce in capitolo nelle scelte pubbliche. Il riconoscimento ottenuto dalle donne tedesche per l’operato svolto durante il primo periodo di guerra, si era risolto in una giornata a loro dedicata nel giugno del ’15; anche in Gran Bretagna, la guerra rese impellente una riforma del diritto di voto basato fino ad allora su discriminazioni oltre sul sesso anche sulla residenza e sulla proprietà: si giunse così all’accordo di un suffragio universale per gli uomini e il diritto di voto alle donne solo a partire dai trent’anni. Molti stati alla fine della guerra avevano dovuto concedere il diritto di voto alle proprie cittadine: le tedesche votarono per la prima volta nel ’19, ma ci furono degli stati precursori come lo stato del Wyoming che aveva accordato questo diritto già nel 1869 e gli stati scandinavi alla fine dell’800.
Le Suffragette Inglesi
Già nel 1851 un uomo politico inglese, presentò un ordine del giorno sul suffragio femminile, ma esso non sancì nessun risultato: la camera dei Lord giustificò quella scelta, dicendo che l’esclusione delle donne, non si fondava su una pretesa inferiorità intellettuale, ma era una questione di convenienza sociale e di decoro. Nel 1869, in contemporanea con il Wyoming, l’Inghilterra consentiva il voto alle amministrative alle donne. Avanzando a piccoli passi il movimento riuscì a fare altre conquiste, ma la vera conquista sarebbe stato il voto per le elezioni politiche, che tardava ancora una volta ad essere conquistato.
La tattica alla fine del secolo cambiò, nel 1903 nasceva a Manchester la ‘Women’s Social and Political Union’ fondata da Emmeline Pankhurst e da un gruppo di contadine: la tattica ora era la lotta. Con i nuovi metodi le suffragette, s’impegnarono a boicottare i candidati liberali impedendo loro di parlare ai comizi, ma poiché vengono subito trascinate via con la forza dalla polizia la loro tattica cambia: si presentano ai comizi in pochi elementi e, appena l’oratore inizia a parlare, una di loro grida ad altissima voce: “Il nuovo governo darà il voto alle donne?”, l’uomo politico quasi mai risponde, lei quindi continua a gridare fino a quando i poliziotti non riescono a portarla via. Subito però, ricominciava un’altra e un’altra ancora, bastavano così dieci o quindici signore a far fallire un comizio. Ad ogni seduta del Parlamento, vi si poteva trovare qualche signora alla balconata riservata al pubblico che iniziava a chiedere a quando il voto alle donne, se veniva impedito loro di entrare, esse si arrampicavano sui tetti delle case vicine e da lì gridavano i loro slogan.
Molte fra le suffragette, non furono solamente arrestate ma condannate a mesi di lavori forzati, per attirare l’attenzione anche dalle carceri molte di esse iniziarono lo sciopero della fame, alcune fra le prime furono messe in libertà, ma in seguito il ministro ordinò di procedere ad una nutrizione forzata, anche se questa era ottenuta tramite metodi inumani.
I peggiori nemici delle suffragette, non erano a quanto si poteva pensare, gli uomini, ma al contrario: erano altre donne, che crearono anche una Lega Antisuffragista. Non sapendo più come contrastare il movimento suffragista, il governo, ricorse sempre più a metodi brutali, finche un venerdì del novembre 1910, furono uccise dalla polizia due suffragette: il così detto “venerdì nero” scatenò un altrettanto violenta reazione delle femministe, che disposte a tutto pur di poter esercitare il diritto di voto, non esitarono nell’intraprendere azioni spettacolari: furono incendiati edifici, vagoni ferroviari, molte si incatenarono alle inferriate di Westminister, Emily Davidson si gettò davanti al cavallo che portava i colori reali durante il ‘Derby di Epsom’ del 1913, morendo in seguito alle ferite riportate, molte ancora, fecero lo sciopero della fame, infransero vetrine, incendiarono le chiese in segno di protesta. Le suffragette inglesi dunque furono molto intraprendenti, fecero ricorso a qualsiasi mezzo pur di colpire l’opinione pubblica, utilizzando inoltre anche le nuove tecniche pubblicitarie che si andavano via via diffondendo in quel periodo.
Intorno al movimento si creò una specie di mito, di leggenda: Emmeline Pankhurst. Nata a Manchester nel 1858, aveva dato inizio alla nuova fase della lotta per il suffragio femminile fondando la “Women’s Social And Political Union”, fu più volte arrestata, riuscendo però quasi sempre ad evadere, fu condannata anche a tre anni di lavori forzati, ma, anche in questo caso, le suffragette riuscirono a organizzarle un’evasione spettacolare, facendola imbarcare poi per gli Stati Uniti, dove era stata invitata dal presidente Wilson. Durante il suo soggiorno in America, Emmeline raccolse molti consensi nell’opinione americana oltre che molto denaro a favore delle suffragette inglesi, ma durante il viaggio di ritorno venne di nuovo arrestata, la sua risposta all’ennesimo arresto fu immediata: sciopero della fame, della sete e del sonno.
In tutta Europa, in quegli anni, la “grande guerra” era alle porte , il governo britannico aveva elaborato un progetto grazie al quale le contestatrici non avrebbero più fatto clamore: ci si preparava alla deportazione in massa in Nuova Zelanda di tutte le suffragette; l’inizio del conflitto richiamò però alla realtà anche i più irriducibili antifemministi: il re concesse un’amnistia per tutte le militanti, quelle in carcere furono rimesse in libertà e la stessa Pankhurst venne incaricata dal governo di organizzare le donne per sostituire negli uffici e nelle fabbriche gli uomini richiamati alle armi. L’azione delle suffragette, porterà ai risultati da tempo sperati solo il 6 febbraio del 1918, quando, fu concesso il diritto di voto alle donne con più di trent’anni; questa fu però una mezza vittoria o meglio, una mezza sconfitta in quanto, escluse dal voto cinque dei 12 milioni di donne che avrebbero rappresentato il corpo elettorale, solo nel ’28, il diritto di voto venne finalmente esteso a tutte le maggiorenni. In quello stesso anno si spegneva Emmeline Pankhurst che vedeva finalmente realizzato il sogno per il quale aveva combattuto tutta la vita.
Le donne, non si impegnarono solamente a fronte dei diritti politici di voto, nel XX secolo infatti la partecipazione delle donne alla vita culturale, conosce uno sviluppo senza precedenti: grazie alle lotte femministe per la parificazione degli studi e alla risultante autonomia conquistata permette alla donna di esercitare professioni intellettuali e artistiche. Nonostante questo però le donne continuano ad essere sfruttate e sottovalutate: la parità raggiunta ad esempio sul piano dell’educazione, non era ritenuta valida sul piano socioculturale. In questi anni la produzione culturale è ancora dominata dagli uomini, nonostante gli sforzi al femminile: nonostante questo però la produzione letteraria agli inizi del novecento crebbe come mai aveva fatto. Pietre miliari della letteratura femminile troviamo in Inghilterra Virginia Woolf e per citare alcune esponenti femminili in Italia: Elsa Morante e Grazia De Ledda (premio nobel per la letteratura nel 19xx)
Virginia Woolf
Virginia Woolf was the best avant-gard writer of the literature of the twentieth century in Europe. Virginia grew up in an intellectual and literary atmosphere, because her father’s best friends were people like Thomas Hardy and Henry James. She didn’t receive a common education: she didn’t go to any colleges, but she studied at home in the big library of her father. She took part with her sister Vanessa, at the “Bloomsbury group”, where writers and artists used to meet each other talking about the liberalism and the political and moral anticonformism. In 1912 she married Leonard Woolf, five years later they founded a new publishing house, where they launched many new talents. Already after the death of her mother in 1895, she started to suffer of nervous breakdown and strong headaches, which took her to try the suicide with some drugs. The Second War World increased her fear and her anxiety, so in 1941, at the age of 59, she decided to drown in the river Ouse.
The technique used in her works was the “Interior Monologue”, where there is no interference by the author and there’s the character’s consciousness that is describing the situation that they are living. The Interior Monologue is subdivided in three different levels: Direct (where the thoughts of the characters are presented one after the other without any rational scheme and punctuation, used by Joyce), Extreme (where the narration takes place inside the mind of the character that’s dreaming), and the Indirect Interior Monologue. Virginia Woolf used this level of the Interior Monologue: this is less complicated than the other because the actions are introduced with the use of the subjects (she went, she did, …). The use of the Interior Monologue and the “Stream Of Consciousness” let her to explore the inwardness of the characters: their memories, dreams, and wishes.
Her masterpiece was surely “Clarissa Dalloway”: this story takes place on a single, ordinary day, and it follows the protagonist throughout a very small area of London, from the morning to the night when the story ends. Unlike Joyce, Mrs. Woolf doesn’t elevate her characters to the level of myths, but she shows their deep humanity under their social masks. The main protagonists of “Mrs Dalloway” were Clarissa Dalloway and Septimus Warren Smith. Clarissa is characterised by opposite feelings: her need of freedom and her class consciousness; Septimus is extremely sensitive, he’s a victim of a shell shock that stroke him during the war world, his also haunted by the spectre of his friends Evens, that was killed during the war.
Clarissa and Septimus didn’t meet each other during the entire story, apart for the news that Clarissa received of his death at her party.
They are quite similar in many aspects: their response to experience is always given in physical terms, thought metaphors; they depend to other people: Clarissa depends for her stability on her husband and Septmus depends on his wife for protection.
The main difference between them, that aroused the theory that Septimus was Clarissa double, is that Septimus is not always able to distinguish between his personal response and the nature of external reality.
As Septimus also Clarissa refused the “official” time: for them the time is the “moment” in witch their actions are developing, it’s the time that bite the actions of the interior world that they have inside of their minds, and the official time the one that link the incongruous and divide the friends, is a false time. Virginia in this novel used some cinematic devices such as, close-up, flashback and tracking shot.